mercoledì 29 maggio 2013

basueros

Avere un cane da portare fuori almeno due volte al giorno offre innumerevoli opportunità. Alcune molto gradevoli - come fare un po' di movimento, godersi il silenzio del quartiere alle prime luci del mattino, prendersi del tempo per rallentare il ritmo - altre del tutto inaspettate.
E così una domenica pomeriggio, grigia e uggiosa, mentre sono con il mio cane, mi accade di notare un anziano signore che rovista nel cassonetto dei rifiuti. Non è la prima volta che mi capita, ma in genere so riconoscere un "barbone", un uomo abituato alla vita di strada. L'uomo che mi stava davanti, che con movimenti lenti rovistava tra i rifiuti, non era un "uomo di strada". Era un anziano del quartiere, aveva appena salutato un suo amico, e ora era chino sul cassonetto con un'espressione indefinibile in volto.
Non riesco a immaginarmi una vita terminare davanti a un cassonetto dei rifiuti. Non ce la faccio. Davanti alla magnificenza di un tramonto, davanti alla ricchezza di un albero carico di fiori e profumi, davanti alla potenza di una cima di una montagna, davanti alle dita piccole di un bimbo che sorride, non riesco a pensare che la vita possa terminare davanti a un cassonetto. Ma sta accadendo ovunque, in Italia, Spagna, Grecia. E la politica risponde obbligando i ristoranti e i locali a tritare gli avanzi di cucina e a chiuderli ermeticamente per arginare il fenomeno, e multa i basueros, coloro che rovistano nella spazzatura, anche con  sanzioni di 500, 750 euro. Dimostrazione che il rifiuto ha un valore commerciale che la politica sa riconoscere.

I nostri cassonetti straripano di quello che chiamiamo rifiuti. Straripano le nostre strade, le nostre città, gli inceneritori. Quando all'alba esco con il mio cane vedo lo spettacolo quotidiano della raccolta differenziata, involucri e bidoni accampati lungo strade e viali, fuori dalle nostre case. Ma di cosa sono pieni? Sono davvero rifuti ciò che gettiamo, o è forse una parte della nostra vita non vissuta fino in fondo? Perché buttare via del cibo significa non averlo mangiato fino in fondo, buttare via delle scarpe significa non averle usate fino in fondo, non aver camminato e corso e ballato fino in fondo, buttare via bottiglie e lattine significa non aver riempito la nostra vita fino all'orlo.

E allora qualcuno può paraddossalmente vivere dei nostri scarti, della nostra vita scartata, della nostra non vissuta fino in fondo, fino all'orlo.

Ed è questo gettare via che ci ha resi poveri, è questo vivere solo in parte che ci ha resi miseri. Prima di gettare qualcosa pensiamoci: l'ho vissuto, usato, goduto veramente fino in fondo? Perché la vita ci sta dicendo che si vive veramente solo al 100%.