lunedì 12 settembre 2016

valuta

Immaginiamo che sopra un tavolo ci siano cinque scatole fatte a mano, realizzate tutte con lo stesso materiale e tutte dello stesso colore, e che ci venga chiesto di sceglierne una a cui attribuire un premio. Quale criterio utilizzeremo? Probabilmente sceglieremo quella rifinita meglio, escludendo le scatole che presentino delle imperfezioni come ad esempio ammaccature, strisci, mancanza di simmetria tra le parti.
Ora, immaginiamo che prima di effettuare la scelta, ci venga detto che una delle scatole è stata fatta da un bambino con disabilità. Forse potremmo essere spinti a scegliere proprio quella scatola per premiare l'impegno e lo sforzo di una persona che ha lavorato con uno svantaggio rispetto agli altri. Immaginiamo sempre che ci venga anche detto che una delle persone che ha costruito una delle scatole sia un imbroglione, un ladro e un violento. Forse saremo influenzati da tale informazioni e vorremo evitare di scegliere proprio quella scatola. O ancora, potrebbe venirci detto che una delle scatole è stata realizzata da una vittima di guerra. Anche in questo caso potremmo modificare i nostri criteri di valutazione, e ritenere che qualche difetto non è poi così importante, considerando il vissuto della persona che lo ha realizzato. E qui, se ve ne siete accorti, ci siamo leggermente spostati dalla valutazione dell'oggetto alla valutazione della persona. Pericoloso.
Il termine valutazione deriva dall’antico valuto, risalente al latino valitus (validus), participio passato di Valeo, valére: essere forte, stare bene, avere valore, avere prezzo.
Nel suo significato etimologico il termine valutazione rimanda all'idea di attribuire un valore, di dare un peso, stimare, avere in considerazione. Rappresenta dunque un processo di mediazione, un rapporto tra chi valuta e la realtà che viene valutata. Valutiamo in continuazione. Fa parte, tutto sommato, di un processo necessario per giungere a una scelta. Tra maglietta maniche corte o maniche lunghe forse sceglieremo in base al tempo atmosferico. E fin qui nulla di male. 
Ma si può valutare un essere vivente? Perché significa entraci in relazione, significa stabilire un rapporto, basato sul qui e ora, non sull'ovunque e per sempre. E invece a volte le nostre valutazioni durano una vita intera.
Crediamo di poter essere oggettivi, almeno in campo professionale. Definiamo criteri, indicatori e descrittori. Ma qualsiasi sia lo strumento di misura, escluderemo sempre qualcosa, qualcosa che potrebbe dare esiti completamente diversi.
A nostra volta, veniamo valutati ogni singolo giorno. Chi lavora o studia lo sa bene, ma non è diverso in famiglia o con gli amici. Tutti produciamo e subiamo valutazione su qualsiasi ambito, dal carattere allo stile di vita, dalla cultura al cieto sociale, e così via. Pervasiva, sottile, continua, la valutazione è perennemente presente, e può nel tempo costruire gabbie di giudizio in cui l'essere umano si spegne a poco a poco. Perché la mente umana fisicamente si allinea alle menti che la circondano, e se viviamo in un ambiente continuamente valutante e giudicante, quale può essere la conseguenza se non la credenza radicata in quelle valutazioni?
Prenditi ogni giorno 5 minuti per uscire da questo inganno. Esci dal fango che rende la tua mente cieca, rigida, triste. Non è un voto che definisce il valore di un essere vivente, non è il conto in banca, non è la stima dei colleghi, non è l'amore del/la compagno/compagna, non è il ceto sociale, non sono gli amici o le persone influenti che fanno parte delle nostre cerchie, non è l'abbraccio dei figli o l'affetto del cane. Non lo sono nemmeno il successo o il fallimento in ciò che stai facendo ora.
In quei 5 minuti cerca, cerca la risposta. Quella vera, quella liberante, quella felice. O continua a fare i conti, ogni notte, sulle oscillazioni del mercato della tua valutazione.