mercoledì 28 ottobre 2015

l'attimo

Il giorno in cui non sono morta splendeva il sole.
La neve sulla cima delle montagne imbiancava l'autunno che bruciava vivo tutto attorno.
La parete di roccia era salda, a tratti levigata dall'usura del tempo e dell'uomo.
Una danza tra me e il vuoto che aumenta sotto i miei piedi.
Manovre ripetute milioni di volte, imparate a memoria dalle dita della mano.
Eppure qualcosa è andato storto, qualcosa forse mi ha distratto, qualcosa forse ho dato per scontato. Forse il mio pensiero era altrove, proprio quando assicuravo il mio corpo e la mia vita a un nodo.
Un passaggio esposto e la corda scivola via, richiamata dalla forza di gravità verso terra. Mi ritrovo improvvisamente sola con la roccia. Nude le mie mani e nuda lei. La terra è troppo distante per garantirmi l'incolumità.
Ma ecco, stranamente, non ha accelerato il respiro.
Non ha sudato la fronte.
Non hanno ceduto gli avambracci.
Con calma, quasi senza fretta a ripensarci, ho appeso la mia vita a un chiodo davanti alla mia fronte. Una manciata di centimetri di metallo a sostenere quarant'anni di vita ficcati dentro un solo cuore.
Riesco a scendere e a ricomincio tutto di nuovo, fino in cima, fino in fondo.
Il giorno in cui non sono morta la verità mi è entrata dentro come un taglio in un secondo e non posso dimenticare cosa ho visto nei suoi occhi.
Ho avuto l'aumentata consapevolezza che avrei dovuto attendere millenni prima di rivedere chi amo, perché l'eternità esiste e ne ho visto la porta.
Il giorno in cui non sono morta ho capito che esiste solo il presente e che la decisione è tutto.
Il giorno in cui non sono morta era domenica, giorno del Signore.




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