lunedì 26 agosto 2013

mutilati

Nella nostra società non c'è spazio per le menomazioni. Applaudiamo la bellezza, fatta di armonia, integrità, perfezione di forme, equilibri di colori e misure. Fin qui tutto ok, viviamo su un pianeta che, se e quando ci prendiamo il tempo e la voglia di osservarlo bene, è bellissimo; nonostante le devastazioni che riusciamo ad infliggere alla terra, è ancora bellissima, quindi la bellezza e il fascino ci appartengono.
Tuttavia nella nostra società ogni minimo difetto o imperfezione va curato, come fosse un morbo, una malattia, un mostro da cui fuggire, come nelle favole di orchi e principesse. Esistono rimedi per tutto, l'acne, le rughe, la cellulite, i peli superflui (può essere la biologia superflua?), e se proprio il difetto non si può combattere, allora va coperto, cammuffato, ed ecco le tinte per capelli, i fondotinta, i tacchi alti, l'elenco potrebbe diventare infinito.
Esistono però menomazioni ben più gravi e profonde che non si posso nascondere con protesi artificiali, bisturi e silicone. Sono ferite interiori, tagli, perdite, c'è molto di confuso, ferito, arrabbiato e rimosso sotto pelle. Ed è lì che però si prendono le decisioni fondamentali, sotto pelle.
Ho ben presente una persona che è stata menomata a quattro anni. Era indifesa, non c'era nessuno a difenderla, non seppe difendersi. E come si fa a quattro anni a difendersi? L'istinto di sopravvivenza è potente, e se non scappiamo davanti al male, è solo perché vogliamo bene a chi ce ne sta facendo. E infatti qualcuno le ha fatto del male, come mai si dovrebbe a un bambino.
Bene, quella persona da allora non ha fatto che scappare da un mondo che la spaventava, perché non poteva più cercare protezione in chi avrebbe dovuto proteggerla. E non solo, ha nascosto la sua parte ferita per non mostrarla al mondo, per non riceverne inutile commiserazione, o peggio, condanna. In un mondo dove non c'è spazio per le ferite, non c'è tempo per le cure, in un mondo che o sei in prima fila o non sei nessuno, come si fa?
Giusta o sbagliata che sia tale scelta, scappare significa non vivere. Se scappi hai paura, se hai paura non ami, se non ami, non stai vivendo. E tutta la tua esistenza rischia di essere tempo perso.
Ne vedo tante di persone menomate che nascondono se stessi a se stessi e agli altri.
Ma voglio dirvi una cosa: siete sopravvissuti, e siete ancora qui. Siete sopravvissuti e questo vuol dire che siete più forti, attaccati alla vita. Non sentitevi vittime, non lo siete. Il vostro istinto vi ha salvato, il resto non conta.
Sopravvivere significa vivere sopra. Ad ali spiegate, più lontano, più a lungo. Ci vuole coraggio, il coraggio di amare se stessi così come siamo, ma ne vale la pena.
E un pizzico di sano, vitale menefreghismo.



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