lunedì 14 dicembre 2015

we are human

Lunedì mattina di un dicembre caparbiamente nebbioso.
Arrivo per la prima volta in un centro di accoglienza per avviare un laboratorio manuale. Vengo accolta da due operatori e 28...e qui mi mancano le parole. Extracomunitari, migranti, stranieri?
Il primo termine non mi appartiene, non sentendomi io stessa parte di una comunità europea... per me, la comunità è qualcosa che ti sta vicino e che ti accompagna, con cui cresci, ti confronti, condividi. Non sento che l'Europa sia una comunità per me in questo senso, a malapena lo è economicamente e politicamente, ma finanza, politica e mercato sono giochi più grandi di me e li lascio perdere.
Escludo anche il secondo termine, migrare è a volte una scelta, a volte una necessità,  e poco a che fare con la persona, mi sembra riguardi di più le condizioni di vita che si possono trovare o meno, la presenza o assenza di opportunità per una vita decorosa, piena, soddisfacente.
Infine stranieri, anche questa parola non si adatta alla realtà. Io sono una 'locale', nel senso che ovunque io vada mi piace incontrare gente, mi piace vedere come cammina, come guarda o non guarda l'orizzonte, se sorride oppure no, come si muove, come parla. Spesso mi sono sentita a casa nei posti più disparati, in una gher in mezzo al nulla, in un bivacco gelido con un ghiro sotto il tetto, in una terrazza a bere ratafià distante migliaia di chilometri dalla città dove vivo. Spesso mi son sentita straniera in una chiesa, ad una cena tra amici, persino tra le braccia di qualcuno.
Straniero non ha a che fare con la patria o con la geografia, ha a che fare per me con la mia casa interiore, quella sensazione che provo quando sono a mio agio, rilassata, al sicuro, serena, accolta.
Quindi? Quindi mi hanno accolto 28 ragazzi, il resto sono solo etichette fatte per le menti che han bisogno di definizioni per inscatolare la realtà.
Abbiamo ascoltato musica che non avevo mai sentito, abbiamo usato varie lingue per parlare e sguardi e gesti per comunicare emozioni. Sono tornata a casa carica di energia e più viva di ieri.
Non voglio semplificare i problemi che si possono generare nell'incontro tra culture diverse, dico solo che è possibile, sempre, costruire.
Come è capitato a me oggi, che ho costruito un albero di Natale con dei musulmani. Nessuno si è fatto domande. Era semplicemente bello fare qualcosa insieme.
We are international, mi dice l'operatore sorridendo.
We are human, mi dico io ora, riflettendo. We are human. Basta e avanza.
A volte credo che il trucco per capire se sei nel flusso della vita è vedere se ti capita mai di fare cose bizzarre o imprevedibili.
Se la risposta è sì, sai già quanto è divertente e arricchente, se no... prova a lasciarti andare. Un giorno avrai storie bellissime e avvincenti da raccontare.

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