sabato 18 luglio 2015

carapace

Le tartarughe mi ricordano un tempo dell'evoluzione in cui per sopravvivere è stato necessario costruirci barriere difensive addosso.
Quel tempo ha segnato il passaggio dall'acqua alla terra, e a quanto pare, ha richiesto un forte adattamento genetico in fatto di sicurezza.
Il guscio serviva a proteggersi da nuovi predatori sconosciuti, ma ha comportato la perdita di qualche abilità: una tartaruga nuota alla velocità 35 km/h, ma sulla terra, nello stesso arco di tempo, riesce a percorrere più o meno 70 metri.

La terra da allora si è fatta più minacciosa grazie all'apparizione dell'uomo, l'essere più fragile e aggressivo che il nostro pianeta ospiti.
Noi costruiamo costantemente gusci: copriamo varie porzioni del corpo con segni di lotta e di guerra, ingrossiamo i muscoli in palestra, indossiamo stivali pseudo-militari anche quando ci son 40°C all'ombra e portiamo specchi scuri sugli occhi non certo per proteggerci dal sole.
Proiettiamo poi anche fuori di noi questo bisogno di protezione. Le nostre auto assomigliano sempre di più a dei mezzi corazzati in lucida livrea, le nostre case sono blocchi blindati, assumiamo e compriamo tutto ciò che ci possa far apparire invincibili e forti.
Siamo fragili e siamo lenti, sulle strade come nelle scelte.
Siamo fragili perché l'unico modo per vivere non è perpetuare una ferita, tornando e ritornando milioni di volte nel passato, ma far sì che essa si cicatrizzi, ora e qui, nel presente.
Siamo lenti perché ogni corazza ha il suo peso e limita il movimento.
Se vuoi muoverti armonicamente nella vita, se vuoi essere in grado di sentirne la leggerezza, la fluidità, allora ogni giorno perdona e riparti.
Non riceverai meno ferite per questo, ma la tua protezione non sarà fatta di duro carapace, ma di luce. E la luce va dappertutto e nulla la potrà mai fermare.


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