giovedì 16 luglio 2015

perché ne vale la pena

Pomeriggio afoso. Due amici su una panchina rallentano il tempo attorno a loro; è il potere della conversazione autentica, quando due universi si sfiorano e il profondo meraviglioso essere umano affiora per qualche istante in tutto il suo fragile splendore.
Si parla di ferite ricevute. A volte l'uomo, maschio o femmina che sia, nelle relazioni dà il peggio di sé, manca persino di quel minimo di rispetto che si concede anche al nemico o allo sconosciuto. Quando una storia finisce, crolla qualcosa da entrambe le parti, e chi ferisce spesso non è il più forte, ma il meno capace, il meno risolto. Si scappa per non sentire il fragore di un mondo di illusioni infranto.
Da una ferita può nascere il bisogno di proteggersi e quindi la chiusura che però non è vitale per l'essere umano.

Attorno alla panchina dei ragazzini pattinano. Uno di loro cade una, due, tre volte, ma sempre si rialza e riparte, nonostante le evidenti escoriazioni. Deve far male cadere. Eppure il ragazzino si rialza, tutte le volte, e riparte, tutte le volte.
Da una ferita può nascere il desiderio di trovare il giusto equilibrio, di diventare esperti, abili, armoniosi.

I due amici si separano e il tempo riprende.
Resta il sorriso sul volto del ragazzino che cade per la quarta volta.
Perché ne vale la pena.

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